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Pastelli Giotto e tante storie

Nel 1923, l’azienda F.I.L.A. realizzerà i pastelli con il marchio Giotto e la nota vignetta di Giotto e Cimabue che contraddistingue la marca e unisce nel ricordo intere generazioni.

L’azienda Fabbrica Italiana Lapis ed Affini (F.I.L.A.) venne fondata nel 1920 a Firenze su iniziativa delle famiglie Antinori e Della Gherardesca con lo scopo di produrre lapis, ovvero matite per i più svariati usi, per poter offrire un’alternativa italiana nel settore grafico.

Nel 1923, l’azienda realizzerà anche i pastelli con il marchio Giotto e la nota vignetta di Giotto e Cimabue che contraddistingue la marca e unisce nel ricordo intere generazioni. La prima parte della storia di F.I.L.A. è dunque fortemente legata a questi due mondi: la matita e il pastello colorato.

Successivamente, si sono aggiunti al catalogo F.I.L.A. tutti gli altri prodotti per colorare e disegnare rivolti ai bambini.

Mi soffermo su questo particolare marchio: Giotto.

Il nome Giotto è associato da sempre ai prodotti F.I.L.A.; inizialmente indicava, per l’appunto, una linea di pastelli colorati, per la precisione si trattava di “pastelli colorati scolastici”.

A quel tempo le matite colorate avevano due dimensioni: una, la classica di 18 cm., ad uso degli uffici, l’altra lunga 9 centimetri per gli scolari. La linea Giotto era una di queste: piccole scatole con sei o dodici matite.

Le prime scatole di pastelli in cartone raffiguravano dei bambini intenti a disegnare su fogli svolazzanti ma dalla fine degli anni Venti tutte le scatole Giotto vengono rappresentate con una unica illustrazione: una scena famosa della vita dell’artista Giotto da Bondone, quando il giovane pastore viene notato da Cimabue mentre disegna dal vero una pecora su una lastra di pietra. Questa immagine fu registrata come brevetto dalla FILA nell’aprile del 1933 e … non cambierà mai! Da allora quell’immagine resterà sempre presente in tutti i prodotti F.I.L.A. a marchio Giotto.

“Tutti i pomeriggi vieni a pascolare le capre da queste parti e tutti i pomeriggi, salvo rare eccezioni, passi con il tuo delicatissimo sorriso a chiedere un foglio e qualche colore. Spesso mi ritrovo a darti la carta che racchiude i guanti in plastica che uso per le medicazioni, ma per te è splendida tutta quella superficie bianca su cui fare un disegno e te ne vai tutto contento salterellando: riporterai i colori e la tua opera d’arte un’oretta dopo e il tuo delicatissimo sorriso sarà tinto di soddisfazione per quanto sei riuscito a fare con quei pochi pennarelli e con un foglio riciclato. Quando ti guardo disegnare mi torna in mente la scatola di colori che avevo alle elementari: ”pastelli Giotto”. Sulla scatola era raffigurato Giotto che disegnava appoggiato a un sasso, circondato da pecore e agnelli. Chissà perché quell’immagine mi si è impressa così vivacemente negli occhi… : forse già mi parlava di te, piccolo Giotto nero?!

Mah, la cosa certa è che dà gioia vedere la tua gioia, la tua gioia di poter rappresentare, con mezzi semplicissimi, quello che vedi e senti (= capre, galline, capanne, serpenti, arachidi, zappe, lance…) e quello che forse sogni e desideri (= un pallone, una cartella, una fontana, una bicicletta, un sapone…).”

Questa è una storia trovata su internet scritta da sorella Petra, una missionaria in Africa e dimostra come l’immagine di Giotto e Cimabue di quella scatola di colori rimarrà per sempre nella nostra memoria.

Ma, naturalmente, è solo una delle tante storie legate all’iconica scatola di colori Giotto.

La mia è questa: nella cartella delle elementari avevo sempre sia una scatola di colori che un album da disegno Giotto, andavo io personalmente nella cartoleria vicino la mia scuola a comprarli non appena si esaurivano. Disegnavo tantissimo da bambina e adoravo colorare con i pastelli (anche adesso, in verità)… non ero molto amante dei pennarelli.. “non si sfuma bene il colore e buca i fogli”, mi dicevo. Quando rientravo a casa da scuola e finivo i compiti, tiravo fuori l’album e i colori dalla cartella, mi sedevo nel tavolo della cucina, mi veniva riempita una tazza di latte caldo ed accendevo la Tv.. iniziavano i cartoni animati!!! Uno dei miei preferiti era Jeeg Robot d’acciaio, e mentre lo guardavo provavo a disegnare la bellissima Miwa all’interno del Big Shooter.. era davvero complicato, c’erano tantissimi particolari ma, dopo svariati pomeriggi, tante tazze di latte e vari disegni non tanto carini, alla fine riuscii a collezionare qualche bel disegno, fedelmente interpretato e ben colorato. Quando, prima di cena, riponevo scatola di colori e album nella cartella, guardavo con affetto quell’immagine così semplice e colorata che li caratterizzava e pensavo: “Caro Giotto, non sei il solo ad essere così bravo!”.

Qual è la vostra storia?

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