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Fichi time.

“L’isola dei morti” di Arnold Böcklin

«Un’immagine onirica: essa deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura» – Arnold Böcklin

L’Isola dei morti è un celebre dipinto, simbolista, realizzato in cinque versioni, tra il 1880 e il 1886, dall’ artista Arnold Böcklin.

Nel dipinto è raffigurata un’isola immaginaria: un luogo isolato, di quiete.

La scena è ambientata all’imbrunire e l’isola misteriosa e disabitata emerge al centro di uno specchio d’acqua scuro e immobile. Il cielo è scuro, così come lo è lo specchio d’acqua.

Dalle sponde si alzano alte pareti di roccia nelle quali sono scavati dei sepolcri, difficilmente raggiungibili dato le altezze. Le strutture rocciose sono aperte ad anfiteatro; al centro, un gruppo di alti cipressi, tipici dei luoghi di sepoltura, di un verde intenso e cupo, si alzano verso il cielo. Una barca a remi si appresta ad attraccare sull’isola. Su di essa, oltre al nocchiero visto di spalle, una sagoma umana, completamente avvolta da un sudario, è in piedi. Di fronte ad essa una bara è poggiata di traverso sulla prua dell’imbarcazione.

Questa affascinante figura evoca il personaggio di Caronte, il traghettatore delle anime dell’Inferno di Dante Alighieri. Se così fosse, ella è l’anima.


Grazie ad una rigorosa simmetria centrale, l’isola è esattamente al centro del dipinto e occupa gran parte della sua superficie.

Gli alti cipressi che si arrampicano sul pendio, creano una necessaria sovrapposizione di quinte che suggerisce la profondità centrale dell’isola e dettano la direzione da seguire alle piccole imbarcazioni che lì si dirigono.

Ciò che stiamo guardando è un’immagine sospesa, onirica, inquietante. La morte, anche se non ci viene descritta con accenti drammatici o spaventosi, è la vera protagonista dell’opera.


«Mercoledì scorso ho terminato “L’isola dei morti”. Lei vi si immergerà sognando, in questo oscuro mondo di ombre, fino a credere di aver sentito il soffio lieve che increspa la superficie del mare, fino a voler distruggere il solenne silenzio con una parola detta ad alta voce.»scrisse Arnold Böcklin in una lettera a Marie Berna.


Il pittore dipinse le varie versioni dell’opera a Firenze, dove si era trasferito, incantato dalla cultura e dal paesaggio italiano e dove morì e fu sepolto nel 1903.


Alexander Günther, un mecenate molto misterioso commissionò la prima versione dell’Isola dei morti di Arnold Böcklin. L’artista lo realizzò nel suo studio di Firenze. Il 19 maggio del 1880 l’opera fu terminata.

Subito dopo, Marie Berna, contessa di Oriola, commissionò all’artista una variante dell’Isola dei morti. Successivamente fu il mercante d’arte Fritz Gurlitt, nel 1883, a commissionargliene una terza. Böcklin dipinse, poi, una quarta versione che fu di proprietà del barone Heinrich Thyssen. Infine, nel 1886, il Museo di Belle Arti di Lipsia commissionò la quinta e ultima versione del dipinto.

La terza versione de “L’isola dei morti“ è considerata un autentico capolavoro e supera la fama della sua versione originale.

La quarta versione invece è andata distrutta durante la seconda guerra mondiale.

L’isola dei morti ebbe immediatamente successo tanto da ispirare decine di pittori, tra i quali Giorgio De Chirico e Salvador Dalí; esercitò, inoltre, sul pubblico, una sorta di vera e propria venerazione, al limite del fanatismo. Addirittura Adolf Hitler, nel 1933, riuscì ad acquistare la terza versione del dipinto.


Böcklin, che nella vita privata aveva conosciuto la morte nel modo più triste con la morte degli affetti a lui più cari, probabilmente ha riversato tutto il suo dolore in quel silenzioso traghettare della barca verso l’isola della morte del suo dipinto.

Le interpretazioni su quest’opera sono molte, in molti si sono cimentati nella sua lettura dandone una propria visione.

Personalmente penso che, l’artista voglia farci sentire tramite il silenzio, l’immobilità della morte. La stessa morte che però si mostra, a mio avviso, anche, in tutta la sua bellezza. Affascina e rattrista.


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