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Fichi time.

Arlecchino

I colori del suo costume richiamano i coriandoli che invadono il cielo nei giorni del Carnevale. Nell’immaginario collettivo lui è il Carnevale.

Arlecchino è decisamente la maschera più famosa delLa Commedia dell’Arte.

Forse, è la più antica maschera di Carnevale ma sicuramente è la più conosciuta e popolare.

Le sue origini sono remote, da ricercare nelle leggende medioevali.

Secondo la tradizione, Arlecchino nasce in un quartiere povero di Bergamo, è un bambino un po’ monello ed ha una famiglia che vive di stenti. A causa della povertà, in occasione del Carnevale, Arlecchino non aveva un vestito da sfoggiare alla festa della scuola poiché sua madre non poteva acquistargliene uno. Ecco quindi che le mamme degli altri scolari misero da parte alcuni ritagli di stoffa colorata con i quali la mamma di Arlecchino poté confezionare un bellissimo costume colorato per il suo piccolo: giacca e pantaloni aderenti con triangoli rossi, verdi, gialli, azzurri disposti a losanghe, completato da una mascherina nera, ai piedi delle scarpe con un grande fiocco e in testa un cappello di feltro decorato con un codino di coniglio.

Oggi a completare la sua maschera anche un bastone di legno, il batocio che un tempo veniva utilizzato per girare la polenta e per condurre le mandrie al pascolo, ma che al simpatico Arlecchino servirà per “darle e prenderle” nelle liti in cui si imbatte.

NelLa Commedia dell’Arte, Arlecchino, dotato di fervida immaginazione e tanta fantasia, incarna un uomo astuto, ingenuo e pasticcione - non di certo sciocco e stupido. Egli raffigura un servo stravagante e scapestrato, un vero imbroglione che ne combina di tutti i colori e si burla dei suoi padroni, avidi e odiosi, ma non gliene va mai bene una. Invece di camminare, si muove saltellando, non ha proprio voglia di lavorare ed è sempre affamato. Si dispera con grande facilità, ma si consola con altrettanta rapidità.

La radice del nome Arlecchino è di origine germanica: “Hölle König”, traslato in “Helleking”, poi in “Harlequin” significa appunto “Re dell’Inferno”.

Inizialmente, le Hellequins – o Herlequins – erano le donne che cavalcavano con la dea della morte Hel, durante le cacce notturne. Ma passando nella cultura francese, Hel divenne un uomo, il re Herla o Herlequin, uno spirito della natura mascherato che, ereditato dalLa Commedia dell’Arte italiana, conserverà soltanto l’aspetto del travestimento del personaggio.


La maschera di Arlecchino nasce dalla contaminazione della tradizione popolare francese di un personaggio diabolico e lo Zanni bergamasco (Zanni, come Zuan, è una versione veneta del nome Gianni). Anche Dante ne La Divina Commedia e più precisamente nell’Inferno parla di “Alichino” come una figura demoniaca ma, con il passare del tempo, l’aspetto e il significato demoniaco diventano sempre meno importanti, e Arlecchino diventa lo Zanni un po’ imbranato che conosciamo: “Son Arlechin batòcio, orbo de na recia e sordo de un’ocio”.


Arlecchino con una notevole ricchezza espressiva, una fame cronica ed una certa amoralità, ancora oggi, anche dai palcoscenici dei teatri, incanta e diverte il pubblico di bambini e adulti.

I colori del suo costume richiamano i coriandoli che invadono il cielo nei giorni del Carnevale. Nell’immaginario collettivo lui è il Carnevale.

E sono convinta che, nel cuore, siamo tutti un po’ Arlecchino, per questo ne siamo affezionati.

Photo by Patrizia Gaboardi


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